venerdì 6 novembre 2015

Recensione: "Io so perché canta l'uccello in gabbia" di Maya Angelou

Titolo: Io so perché canta l'uccello in gabbia
Autore: Maya Angelou
Editore: Beat Edizioni
Data di pubblicazione: maggio 2015
Pagine: 240
Prezzo: 13,90 €
Trama:
Maya Johnson, tre anni, e suo fratello Bailey, di un anno più grande, vengono spediti dalla nonna paterna a Stamps, nell’Arkansas, dopo la separazione dei genitori. È la stagione in cui i luoghi appaiono ancora sotto la luce magica dell’infanzia. Maya vive con Momma e lo zio nel retro dell’Emporio di cui la vecchia signora è proprietaria da tempo e, tra granaglie per i polli, cherosene, lampadine, stringhe, lozioni, palloncini e semi di fiori, gioca ininterrottamente con Bailey, come in un luna park senza guardiano.
Nell’America degli anni Trenta, tuttavia, eroi e orchi, incanti e orrori accompagnano inevitabilmente l’esistenza di una bambina di colore. 
Eroi, per Maya, sono i raccoglitori di cotone che scendono dal retro degli autocarri, si piegano giù fino a terra e, stanchissimi, le dita tagliate, le schiene, le spalle, le braccia, le gambe sfinite, si assembrano nell’Emporio. 
Orchi sono i «ragazzi» bianchi del Ku Klux Klan che, con gli occhi pieni di odio e le facce di pietra, calano a Stamps e costringono lo zio di Maya e gli altri neri a nascondersi tra gli escrementi del le galline. Orco è l’amico della mamma, un uomo grande, grosso e flaccido che a St. Louis, in Missouri, una sera di primavera l’attira a sé...

Recensione:
Maya Angelou in questo libro ci racconta il profondo Sud con la passione e il coraggio che solo chi l'ha davvero visto e vissuto può avere. 
Lei è la protagonista, lei è la voce narrante, lei è l'anima afroamericana di cui è permeata ogni pagina di questo libro. 
Già dalle prime righe ci troviamo catapultati a Stamps, l'arido e desolato posto che in un primo momento farà da casa alla piccola e al suo fratellino. Lì Maya imparerà a scrivere e a far di conto, a prendersi cura dell'Emporio, ad assumersi le sue prime responsabilità. Ma soprattutto in quel punto anonimo sulla cartina la bambina conoscerà per la prima volta l'amore familiare, per mezzo delle cure silenziose della severa e timorata Mrs. Henderson. 
La nonna, insieme al timido zio Willie, accompagnerà la ragazzina quasi in ogni fase della crescita, le insegnerà cosa è giusto e sbagliato, e a confidare in Dio sopra ogni cosa. Con la sua forza indomita e la condotta irreprensibile rappresenterà il baluardo nella vita di Maya, il porto sicuro a cui sa che potrà fare sempre ritorno. 
Stamps, nonostante le sue brutture, è un luogo vivo e reale, in cui i neri si guadagnano con sacrificio il pane e continuano a confidare nella fede e in un giorno migliore. Lì, i raccoglitori di cotone, sperano in un colpo di fortuna che ponga fine alle loro sofferenze una volta per tutte, mentre la gente bianca, dall'altra parte della città, non fa che esibire con compiacimento i propri sperperi. 

Alcuni lasciavano i loro sacchi all'Emporio per riprenderli la mattina dopo, ma c'era chi doveva portarli a casa per aggiustarli. Trasalivo immaginandoli a cucire quel materiale ruvido sotto una lampada a cherosene con le dita irrigidite dal lavoro della giornata. Dopo pochissime ore sarebbero dovuti tornare all'Emporio di sorella Henderson, fare provviste ed essere caricati, ancora una volta, sugli autocarri. Poi avrebbero affrontato un altro giorno nel tentativo di guadagnare abbastanza per tutto l'anno, con la pesante consapevolezza che la stagione sarebbe finita così come era cominciata. Senza denaro o i crediti sufficienti a mantenere una famiglia per tre mesi. Nel periodo della raccolta dei cotone, le serate mostravano la natura del Sud nero in tutta la sua durezza, mitigata al mattino presto dalla natura che aveva donato lo stordimento, la capacità di dimenticare e la luce tenue della lampada.

Se i neri sono i protagonisti di questo libro, i bianchi incarnano invece il nemico invisibile, che non si conosce per davvero ma da cui si sa è necessario difendersi. 
Proprio come i fantasmi, la loro presenza è tangibile nella paura di chi teme anche solo di camminare per strada per non dover far fronte all'immotivata ira dei ricchi avversari, nella consapevolezza di chi è costretto a sottostare agli insulti senza fiatare, perché il colore della propria pelle non consente di fare altro che abbassare la testa e restare inerti. 
Nella vergogna di chi giace per ore nascosto in un tugurio per non farsi picchiare, o nel peggiore dei casi, per non essere ucciso.
Spettatrice di tutto questo è Maya, che, come una qualsiasi bambina, non riesce a capire come la sua gente possa meritare tanto dolore. Nonostante Momma non faccia che ripeterle che la salvezza è nel regno dei cieli e che solo lì avranno l'agognata ricompensa, la piccola non intende passare la vita al servizio di qualcun'altro, lei vuole essere libera, padrona di se stessa e delle sue aspirazioni.
La piccola Marguerite Johnson (questo il vero nome della protagonista) è l'emblema del coraggio e dell'ostinazione, di chi non si dà mai per vinto e riesce a superare anche il più grande dei dolori.
Se c'è un messaggio in questa lettura credo sia proprio questo: la capacità di rialzarsi ogni volta  e saper trovare uno spiraglio di luce anche negli angoli più oscuri.
Così i due fratelli traggono forza l'un l'altro quando sentono di essere stati abbandonati, di non avere un padre e una madre capaci di amarli, di non poter contare su nessuno se non loro stessi. 
Proprio per questo Bailey avrà un posto fondamentale non solo nel cuore della sua sorellina, ma anche in tutto il romanzo.
Lui è il compagno di sventure, il complice di avventure, l'amico fidato a cui confidare ogni cosa.
Il rapporto fra i due è tenero e commovente, ma anche costellato di eventi comici.

Una volta, all'ora di pranzo, con l'Emporio pieno di clienti, Bailey immerse nel barile il colino, lo stesso che usavamo per setacciare la farina, e pescò due grossi cetrioli. Dopo averli presi, agganciò il colino a un lato del barile, dove rimasero a sgocciolare in attesa del momento giusto. Quando suonò l'ultima campanella della scuola, tirò su i cetrioli quasi asciutti, se li ficcò in tasca e gettò il colino diete le arance. Corremmo fuori. Era estate Bailey aveva i pantaloni corti e il liquido dei cetrioli gli scorreva in rivoli chiari giù per le gambe color cenere, mentre lui saltava con il bottino in tasca e gli occhi che ridevano quasi a dire "Che te ne pare?"

In realtà l'ironia è, difficilmente da quanto si potrebbe immaginare, una nota di fondo di tutta la storia. Per quanto il contenuto sia spesso arduo e difficile da descrivere, il romanzo è invece pervaso da toni ilari, ovviamente dovuti al punto di vista di quella che per la maggior parte del tempo non è nient'altro che una bambina.
Essendo lei a narrarci la storia, non può non condividere le sue considerazioni infantili e la sua incomprensione per tutte quelle cose che i grandi non raccontano e che i più piccoli possono solo provare a capire. A queste si aggiungono poi numerose situazioni paradossali che riuscirebbero a suscitare il riso anche nel lettore più serioso.
Altra cosa per me fondamentale, che non fa che conferire un valore aggiunto a questo libro, sono le mirabili descrizioni che impreziosiscono la narrazione. 

Fino all'età di tredici anni, quando lasciai l'Arkansas per sempre, l'Emporio rimase il mio luogo preferito. La mattina, vuoto e solitario, sembrava un pacco regalo pronto da scartare, portato da uno sconosciuto. Aprire i battenti era come sciogliere il fiocco di quel dono inaspettato. 
La luce entrava poco a poco (eravamo rivolti a nord), posandosi sugli scaffali ricolmi di sgombri, salmone, tabacco, filo. Si lasciava cadere sul grande barile di lardo e a mezzogiorno, d'estate, il grasso si era ormai sciolto in una brodaglia spessa. 
Ogni volta che entravo nell'Emporio di pomeriggio, sentivo che era stanco. Solo io riuscivo a percepire il pulsare lento del suo lavoro svolto ormai per metà. Ma poco prima di andare a letto, dopo il viavai delle persone che avevano discusso per i conti, scherzato sui vicini, o erano semplicemente passate per "fare un salutino a sorella Henderson", la promessa di altre giornate magiche tornava a stendersi sulla famiglia in fresche ondate di vita.

La Angelou è così esperta nel maneggiare le parole da riuscire a rendere agli occhi di chi legge anche delle semplici focaccine al burro come il più prelibato dei pasti. In particolare tutte le scene ambientate nell'Emporio appaiono pervase da una magia che solo le cose povere e perdute hanno. Stamps, Momma e tutta la vita in Arkansas conservano il fascino senza tempo della vita genuina fatta di bagni al pozzo con acqua ghiacciata, di vestiti cuciti a mano alla flebile luce della lampada ad olio, di pasti poveri ma gustosi.
Di contro i soggiorni a St. Louis  e a San Francisco rivestono il ruolo delle metropoli che regalano sogni anche ai più disperati. Lì anche la convivenza con i bianchi sembra possibile. 
Gli ultimi capitoli ambientati nelle due città, per quanto sempre affascinanti, sembrano perdere un po' la bellezza della vita autentica. 
Lì Maya diventa adolescente, inizia a fare i conti con le proprie ambizioni e le proprie paure. Scopre di avere limiti che non sapeva di avere e tenta come può di superarli.
Nonostante questa seconda parte del libro non mi abbia coinvolto come la prima, voglio sottolineare come ogni pagina della storia narrata sia riuscita a garantirmi sempre grandi emozioni.
La scrittura della Angelou è vibrante e poetica, i personaggi ben delineati e affascinanti, la vicenda appassionante.
È un libro che fa riflettere senza annoiare, e che riesce a divertire senza perdere mai di profondità.

Considerazioni:
Quando ho letto la trama di questo romanzo ho subito immaginato che mi sarebbe piaciuto.
In generale amo le storie ambientate nel passato, che consentono al lettore di fare un vero e proprio viaggio nel tempo verso epoche e terre sconosciute.
Mi aspettavo di immergermi in un'atmosfera magica e genuina, in cui anche il più piccolo dono sembra prezioso. Ciò che non credevo invece di trovare era un modo di scrivere così accattivante. Non avevo mai letto fino ad ora nulla della Angelou e sono rimasta piacevolmente sorpresa approcciandomi a questa autobiografia (la protagonista Marguerite Johnson non è altri che la stessa autrice).
E a proposito di questo avrei un'altra riflessione da fare.
Spesso quando sentiamo parlare del genere biografico pensiamo ad un libro che avrà sicuramente un contenuto importante ma non necessariamente accompagnato da uno stile curato ed elegante.
"Io so perché canta l'uccello in gabbia" da questo punto di vista sembra invece tutto l'opposto di questo luogo comune. 
Si nota benissimo come ogni parola scritta sia stata pesata e nulla lasciato al caso. Dalle descrizioni agli eventi raccontati. La narrazione alterna argomenti di spessore ad altri più futili e divertenti, mescolando serio e faceto, con l'aggiunta di numerose situazioni buffe e autoironiche.
In più molti eventi sono così assurdi e paradossali da poter essere con difficoltà considerati realistici. Basti pensare anche alle vicende al limite della legalità che coinvolgono nonna Baxter e la sua famiglia.
Inoltre anche le questioni più ostiche sono affrontate con leggerezza.
È il caso dello stupro che vede sfortunatamente la piccola Maya come protagonista all'età di sette anni. Lei ce lo racconta come se lo stesse vivendo in quello stesso istante. 
In un primo momento crede che quelle manifestazioni d'affetto siano normali. Solo più tardi si rende conto che l'uomo che finge di volerle bene non è altri che il suo aguzzino.
La bambina, come è ovvio che sia, non riesce a comprendere il perché di quelle attenzioni e sente improvvisamente piombare su di sé il senso di colpa.
Allo stesso modo anche altri temi come il razzismo, l'omosessualità, la religione, il sesso, la solitudine e il senso d'abbandono vengono narrati con l'incredulità, i dubbi, la confusione e i timori tipici dei più piccini.
I fratelli Johnson non fanno che chiedersi cosa hanno fatto di sbagliato.
Perché mamma e papà li hanno abbandonati?
E perché i neri non sono considerati persone come tutte le altre?
Ovviamente le vicende non sono tutte incentrate su questo. Molti altri racconti si basano sulle normali tematiche della crescita, come gli amici, i giochi, i primi amori o sugli avventori che si avvicendano all'Emporio.
Proprio a proposito di questo vorrei condividere con voi l'unico appunto che mi sento di fare.
Nel corso delle pagine conosceremo molti personaggi, la maggior parte dei quali però non vengono approfonditi in un secondo momento. Mi riferisco ad esempio a Mrs. Flowers (che ho trovato adorabile) a Mr. McElroy, a Clidell, a Louise e ai bambini senza casa, di cui avrei sicuramente voluto sapere di più.
È un peccato, perché a personalità così decise e interessanti io avrei attribuito uno spazio maggiore di quello a loro effettivamente destinato.
Oltre a questa osservazione, non riesco davvero a trovare altri difetti.
Il libro della Angelou è per me semplicemente perfetto. Mi ha fatto ridere, descrivendo personaggi e situazioni fuori dalle righe (una fra tutte l'aggressione di Miss Monroe ai danni del reverendo Thomas XD), mi ha fatto pensare e mi ha intenerito. 
Tra le sue pagine racchiude una storia speciale fatta di amicizia e lealtà, di legami familiari e di amore per la propria terra.
Una storia di sofferenza e di rinascita. 
Di persone che si piegano senza spezzarsi mai. 
Una vera e propria lezione di vita.
Perché possono anche tenerti rinchiuso ma non possono toglierti i pensieri e la voce. Perché, nonostante tutto, gli uccelli in gabbia continuano a cantare.

Ringrazio la casa editrice Beat per avermi inviato una copia cartacea del romanzo

il mio voto per questo libro

4 commenti:

  1. Bellissima recensione! Io avevo intenzione di leggere questo libro da un po', ho rimandato attratta da altri romanzi ma dopo aver letto la tua opinione non vedo l'ora di leggerlo :)

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    1. Si, ti consiglio di leggerlo, per me quest'autrice è stata davvero una bellissima scoperta!

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  2. Credo che si tratti di uno di quei libri che prima o poi leggerò. E ha una delle copertine più belle che abbia mai visto *_*

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