martedì 20 dicembre 2016

Books, Chocolate and friends: prima tappa GDL “Il tredicesimo dono” di Joanne Huist Smith



Salve avventori!
Eccoci qui per commentare insieme i primi sette capitoli de "Il tredicesimo dono", libro che abbiamo scelto per il nostro gruppo di lettura a tema natalizio.
In realtà avremmo dovuto pubblicare la tappa ieri, ma abbiamo avuto una giornata folle e neanche un momento libero. Ci scusiamo per il ritardo.




Venendo a noi, in generale posso dirvi che come inizio questo libro non mi sembra male, anche se non sono ancora riuscita a farmi un'idea precisa. Forse perché già nelle prime pagine ho trovato alcune cose che mi hanno fatto storcere il naso, e la cosa peggiore è che più andavo avanti e più questa sensazione di fastidio e irritazione si faceva intensa.
In particolare ciò che non riesco davvero a concepire è la fissazione che tutti hanno per il Natale, considerando la recente scomparsa di una persona cara.
Si perché, come sapete, il romanzo ruota tutto attorno al dramma che consegue alla morte. 
A quella delicata fase in cui tutto sembra continuare a girare come nulla fosse, e tu ti ritrovi sdraiata a letto, incapace di fare il minimo passo.
Quando amici e parenti non sono più lì a consolarti, quando è il momento di fare i conti con il tuo dolore da sola, quando è il momento di andare avanti come meglio puoi.
Ebbene, questa è la storia di Joanne, che improvvisamente deve affrontare la vita senza Rick, suo marito, il padre dei suoi figli, il suo migliore amico.
Il Natale si avvicina, il primo senza di lui, che Rick sperava di trascorrere a casa con la sua famiglia. Con questa intenzione aveva rimandato l'operazione al cuore, fino a quando non è stato troppo tardi.
Ed ecco la nota dolente del libro, almeno per ora.
Sia i cognati di Joanne, Tom e Char, che i figli Nick e Megan manifestano un po' troppo entusiasmo per la festa e i regali (sia quelli da ricevere che quelli misteriosi), e poca sofferenza per la tragedia che hanno dovuto affrontare.
D'altra parte anche la protagonista, per quanto mi abbia coinvolto nelle parti in cui ricorda la vita con suo marito e il senso di vuoto e di ingiustizia che adesso la pervade, risulta poco credibile quando fa delle festività il nemico da combattere.
Riesce a pensare al lavoro, a trangugiare cibo di nascosto, ma non a scegliere una semplice bicicletta per il figlio. Si irrita alla sola idea di un albero di Natale o di una carta da regalo, come se la mancanza fosse una cosa legata esclusivamente alle vacanze e non una cosa che l'accompagnerebbe in ogni caso, qualunque cosa faccia.
Quindi non so, mi sembra un po' tutto estremizzato, da entrambe le parti. 
Da una parte l'eccessiva trepidazione per un evento che non dovrebbe interessare più di tanto, e dall'altra l'eccessivo astio per quella che potrebbe essere un'occasione per riunire la famiglia.
Mi è piaciuta invece l'idea dei doni recapitati davanti alla porta e l'atmosfera invernale fatta di luminarie, dolci appena sfornati e cioccolate calde.
Più si prosegue con la lettura, più si accentua il contrasto tra madre e figlia, tra l'insofferenza di una e la speranza dell'altra. Il comportamento di Joanne mi convince sempre meno per la mancanza di empatia verso Megan. La bimba sceglie i fiocchi regalo e la "dolce" mamma li butta via. Poi lava i piatti e si addormenta sfinita sul pavimento e mamma Joanne come l'accoglie al risveglio? Ricordandole che deve rassettare la sua stanza, se vuole avere l'albero. La bimba insiste nel volere l'albero? Beh, allora distruggiamo il sostegno dell'abete, investendolo due o tre volte con l'auto, in modo da darle un chiaro segnale, senza proferire parola.
Sembra quasi un giochino infantile, un tira e molla, una sfida a chi la dura, la vince.

«Domani lavori fino a tardi?» mi chiede. 
«Uff.» 
Il mio gemito somiglia più a uno sbuffo e sono sicura che Megan debba sentirsi come uno dei tre porcellini davanti al lupo cattivo. La sua casetta è fatta di paglia. 
«Scusa, mamma. Adesso faccio silenzio.»

Avrei capito di più se Joanne avesse rifiutato tutto ciò che può significare andare avanti, quindi lavoro, amici, parenti, uscite. Se si fosse rinchiusa in casa, occupandosi solo dei figli. 
Ma se trascura loro, le loro esigenze (per quanto riguarda Megan e Nick) e i segnali d'allarme (per Ben invece), per fomentare un odio inspiegabile che ha come unico referente il Natale, allora no, non lo capisco.
Si rende conto di ferire Megan, di aver sottovalutato il dolore di Nick, di non comunicare con il maggiore Ben, eppure persevera nell'errore, trascorrendo più tempo possibile a lavoro, e non scendendo mai a compromessi.
Questo almeno fino agli ultimi due capitoli, il sesto e il settimo, in cui finalmente Joanne comprende la necessità di riprendere il ruolo genitoriale che le compete.
Permette alla piccola Megan di avere il suo tanto agognato Natale, a Nick di cambiare stanza e dare un taglio al passato e all'insistenza dei ricordi, e a Ben di condividere il suo dolore con lei.
Vorrei soffermarmi un attimo sui figli.
La più piccola, Megan, a prima vista potrebbe sembrare poco sensibile e persino egoista.
Capisce che la madre non ha nessuna voglia di festeggiare, ma persevera nel suo intento di avere decorazioni, statuine e lucine luccicanti.
Tuttavia alcuni piccoli indizi, come la frase seguente, ci fanno capire, come lei stia facendo di tutto per mantenere sua madre a galla, per tenere unita la famiglia.

«Divertiti, oggi», le auguro. «Non ci pensare, a quelle due.» 
Con mia sorpresa ride. 
«Quelle donne non immaginano neanche che cosa stiamo passando, non come i nostri benefattori», risponde. «Non stiamo andando in pezzi, siamo solo un po’ scheggiati. Tu fai del tuo meglio, mamma. Tutti noi facciamo del nostro meglio.» 
Megan si sporge oltre il blocco del cambio e mi dà un bacio sulla guancia prima di scendere.

Per quanto riguarda Nick invece, lui si rivela poco a poco. Inizialmente di lui sappiamo solo che si rifugia nei videogiochi per non vivere la realtà. Come la sua sorellina, sembra interessato ai doni misteriosi che ogni giorno appaiono alla porta, per poi palesare quanto il pensiero del Natale lo faccia soffrire. Il senso di colpa nel sapere che suo padre ha rimandato l'operazione per passare le feste assieme, e che a causa di questo desiderio non è più con loro, non lo lascia in pace.
In più lui ha assistito alla tragica fine, ha visto tutto dalla sua stanza, ha visto il padre spegnersi tra le braccia del suo grande amore. Lui più di tutti ha bisogno di un nuovo inizio, non per dimenticare, ma per smettere di ricordare ciò che fa male, almeno per un po'.

«Mi sento in trappola, mamma. Bloccato nel giro della morte delle montagne russe. Continuo a girare, ma mi fermo sempre nello stesso punto: la mattina in cui è morto papà»

E poi c'è Ben. È il più defilato, sempre fuori da qualche parte, sempre arrabbiato con il mondo.
Non parla con nessuno, piange di nascosto, corre sulla strada con la musica a palla per annullare i pensieri.
Nell'ultimo capitolo dice di aver sentito la presenza di suo padre ancora lì con loro, ancora lì a proteggerli.
È il personaggio che più ho compreso, la cui reazione mi sembra più credibile.
Inoltre nelle ultime scene dimostra di tenere ai suoi cari e di sacrificarsi per il loro bene.

Meno di ventiquattr'ore fa Ben rinnegava qualsiasi cosa fosse legata alle feste. Oggi ha acceso l’albero. Dovrei essere sconvolta, ma non lo sono. Gli eventi inattesi stanno diventando la norma in questa casa, soprattutto quando riguardano il Natale. 
«Sei stato tu?» chiedo a Ben. Voglio che sia lui a dirmelo. 
Ben esce un attimo dalla stanza e torna con uno dei sei bicchieri che abbiamo ricevuto dai nostri benefattori, pieno di succo d’arancia. 
«Qualcuno ha cercato di aiutarci ad affrontare il Natale. Io invece ho tenuto un atteggiamento... piuttosto... disfattista», dice. «L’anno prossimo mettiamo le luci sull’albero tutti insieme. Quest’anno avevo bisogno di farlo da solo con papà.»

Attorno a loro uno scenario desolato, con parenti che, animati di buone intenzioni, continuano a rimarcare i passi falsi di una donna incapace di uscire dal ruolo di moglie in lutto (e dopo due soli mesi direi che ci sta) per tornare ad essere solo una madre, e conoscenti carichi solo di giudizi e amare sentenze.
L'unica luce che rischiara quest'atmosfera gelida e invernale sono i ricordi, i piccoli quadri familiari che vedono come protagonista Rick che, nel passato, non faceva che prodigarsi per i suoi cari.
Le piccole tradizioni natalizie e i gesti d'amore sono le scene che più mi hanno emozionato, e quelle che mi fanno sperare in una luce in fondo al tunnel.
E voi che ci dite? Quali sono le vostre impressioni su questi primi sette capitoli?

1 commento:

  1. concordo con tutto ciò che hai detto in quest'articolo. Hai centrato il succo della storia e ciò che sono i comportamenti dei vari personaggi

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