mercoledì 28 agosto 2013

Recensione "La bambina senza cuore" di Emanuela Valentini

Titolo: La bambina senza cuore
Autore: Emanuela Valentini 
Editore: Speechless Books
Data di pubblicazione: 2013
Pagine: 273
Prezzo: 0,00 € (ebook gratuito)

Trama:
Whisperwood, 1890. Una bambina di soli 12 anni, uccisa da un assassino misterioso, viene sepolta sotto la neve, mentre la cittadina intimorita si interroga su chi possa mai aver compiuto un tale delitto.
1990 -Whisperwood è una cittadina immersa nei boschi dai quali è isolata dal resto del mondo come un'oscura barriera. Qui il tempo sembra essersi fermato, non solo nell'aspetto della città, ma anche nell'animo dei suoi cittadini che sembrano temere ogni idea di progresso.
Questa non è certo l'unica stranezza di Whisperwood, qualcosa di arcano e misterioso agisce di notte rendendo i cittadini vittime e prigionieri di una misteriosa maledizione.
Una sola la regola: non uscire di notte, e Nathan, come tutti del resto, questa regola la conosce bene, perché con questa regola ci è cresciuto.
Una sera però, in seguito ad una furiosa lite con suo padre Nathan sembra dimenticarsene, infrangerà la regola e vivrà la sua prima notte fuori dalle mura di casa, una notte, quella, dalla quale più di un'esistenza cambierà per sempre...

Recensione: 
Mi piace definire questo libro come una "macabra danza tra passato e presente".
La scrittrice passa abilmente da un tempo all'altro, dando vita ad un intreccio di storie ben ordito, in cui la storia di ogni personaggio ha un senso se legata a quella degli altri.
Un modo di scrivere, questo, che crea curiosità e aumenta il mistero, spingendo il lettore a porsi domande sul legame esistente tra i vari personaggi e spronandolo a proseguire la lettura per scoprire la vera natura dei misteri in cui città e protagonisti sono avvolti.
Il linguaggio è ricercato, l'autrice descrive scene tetre e, in alcune occasioni, cruente con una delicatezza tale da farle apparire più naturali di quanto non siano in realtà.
La morte ad esempio, assieme alle maledizioni, è protagonista indiscussa del racconto, che inizia appunto dalla celebrazione di un funerale. 
C'è chi l'aspetta, chi la vive, chi tenta di fuggirgli, chi la brama e chi impudentemente le va incontro, quasi come fosse una presenza corporea e tangibile.
Non viene tuttavia trattata come un tema forte, ma come qualcosa che fa parte della vita di ogni essere vivente.
Emanuela Valentini ci porta così in un luogo incantato, tra presenze misteriose che vagano di notte uccidendo chiunque, fantasmi, statue di pietra che si muovono e parlano, tra chi fugge dalla verità e chi, come noi lettori e il giovane protagonista del racconto, vorrà venirne assolutamente a capo.

Considerazioni:
Quello che ho maggiormente apprezzato del modo di scrivere di Emanuela Valentini è la sua capacità di trasformare le parole in immagini, così capita che leggendo ci si dimentichi di osservare solo delle parole su una pagina bianca, si ha invece l'impressione di guardare delle fotografie o di avere la scena che si svolge nitida di fronte ai nostri occhi.
All'inizio del racconto, ad esempio, la scrittrice attraverso le sue parole ci porta in un passato suggestivo, dall'atmosfera invernale, tra personaggi pettegoli e bigotti che ben rendono l'idea di una timorosa cittadina chiusa in se stessa e dimenticata da tutti.
Mi è spiaciuto abbandonarla, mi è spiaciuto abbandonare l'idea che l'intero racconto fosse vissuto in quell'epoca, e soprattutto mi è spiaciuto abbandonare la piccola Rosie Maud, dalla cui manina bianca spuntavano per magia piccoli fiori colorati, sua madre e il loro dolce legame.
Venire poi, alla pagina successiva, catapultata in un'epoca molto lontana da quella, cent'anni dopo, mi ha un po' intristito, volevo conoscere ancora molto di quella magica bambina, volevo sapere la sua storia, non quella di qualcun altro.
Ho cominciato a leggere di quella nuova Whisperwood un po' delusa, ma la delusione non è durata molto. 
La scrittrice ci ha messo poco a ricatturare la mia attenzione e la mia curiosità.
Il tema trattato, quello delle maledizioni familiari, mi ha sempre interessato e affascinato. La dedica iniziale e l'epilogo dei ringraziamenti, presenti nel libro, hanno reso, ai miei occhi, tutto il racconto più affascinante, poiché la stessa autrice dichiara di essere stata a sua volta vittima di una maledizione.
Può una cosa del genere non destare curiosità? 
Ora, non so se questo faccia parte di una studiata azione di marketing, ma dato che a queste cose personalmente credo, e che voglio confidare nella buona fede dell'autrice, propendo per il crederci.
Come ho già scritto nella recensione ho apprezzato il modo in cui le varie storie presenti nel racconto sono ben intrecciate tra loro. 
Ognuna contribuisce ad aumentare il mistero delle altre e ognuna contribuisce a mettere ogni pezzo del puzzle al suo posto.
Ecco di cosa si tratta, questo racconto è un piccolo puzzle ben narrato, ricco di incanto, magia, tenebre, mistero, solitudine, morte e amore.


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Il mio voto per questo libro

lunedì 5 agosto 2013

Recensione: "Mansfield Park" di Jane Austen

Titolo: Mansfield Park
Autore: Jane Austen
Editore: Einaudi 
Data di pubblicazione: Aprile 2013
Pagine: 503
Prezzo: 9,00 €

Trama:
Mr. Price è tra le tre sorelle Ward quella che ha contratto il matrimonio meno favorevole, ha infatti sposato Mr. Price un uomo rozzo, senza cultura o capacità particolari e con mezzi molto limitati.
I due hanno avuto numerosi figli, che a stento riescono ad educare e mantenere con le loro modeste entrate.
Sua sorella maggiore Lady Bertram, a cui era anni prima, spettato un destino matrimoniale più vantaggioso, avendo sposato il baronetto Mr. Bertram, prende la decisione assieme al consorte di togliere a Mr. e Mrs. Price, già molto in difficoltà, il peso di occuparsi di uno dei  figli, prendendolo loro stessi in affidamento.
Scelgono la secondogenita Fanny, che data l'età, 9 anni, simile a quella delle loro stesse figlie, avrebbe potuto godere al meglio della loro compagnia, al fine di migliorare i propri modi e la propria educazione.
Fanny così si reca, seppur controvoglia, a Mansfield Park.
Il suo carattere umile, fin troppo sensibile e suscettibile alle critiche, non le rendono facile ambientassi in fretta.
Le cugine, Maria e Julia, non perdono occasione, seppur non facendolo con cattiveria, di notare ed evidenziare le numerose lacune della nuova arrivata.
Nell'aspetto, nell'eleganza, nei modi, nella conoscenza, nella preparazione, in tutto lei appare carente.
La stessa Fanny, non essendo capace di controbattere a qualcosa che lei stessa ritiene vero, si limita a sentirsi umiliata e a chiudersi maggiormente in se stessa.
Solo il cugino Edumnd, comprendendone lo stato d'animo e la bontà dei sentimenti, le è di conforto.
Lui diventa per lei suo confidente e consigliere, il metro morale in base al quale giudicare i comportamenti propri e degli altri.
Gli anni passano e l'affetto che Fanny nutre nei confronti di quello che è suo cugino e unico punto di riferimento aumenta, fino a trasformarsi in amore, che la ragazza terrà segreto, inizialmente anche a se stessa.
L’arrivo dei fratelli Crawford, Henry e Mary, due sofisticati londinesi, rompe la monotonia della sonnolenta Mansfield, creando in breve tempo non pochi sussulti nei cuori dei giovani Bertram...

Recensione:
Fra quelli che ho letto sin ora ("Ragione e Sentimento e "Orgoglio e Pregiudizio") "Mansfid Park" è quello che maggiormente si distacca dagli altri, soprattutto all'inizio del romanzo, quando la Austen, per la prima volta, ci raccolta di una bambina timida, insicura e impaurita, che fatica ad ambientarsi in un posto in cui non si sente all'altezza di nulla e di nessuno.
Di tutte le protagoniste che Jane ci racconta nei suoi romanzi, Fanny è senza dubbio quella più passiva.
Raramente esprime opinioni o partecipa ai dialoghi, e spesso, anche se è presente in una scena. ci si dimentica di lei, tanto è silenziosa e taciturna.
Fanny è in realtà un personaggio riflessivo, nel romanzo dà vita ai suoi pensieri solo quando è sola, rinchiusa nella stanza a est.
Spesso tende a censurare i suoi stessi pensieri, poiché anche solo il pensar male, di chi le è accanto le procura sensi di colpa.
La scrittura in questo romanzo mi è parsa, in alcuni paragrafi più che in altri, confusa.
Spesso nei dialoghi ho fatto fatica a comprendere, chi, dicesse cosa.
Inoltre ho trovato la scrittrice prolissa in alcuni discorsi.
Se in "Ragione e Sentimento" ho lamentato che non ci fossero dialoghi tra le coppie d'innamorati (Marianne e  Willoughby;  Elinor e Edward) che ne accertassero i sentimenti, qui ce ne sono fin troppi, e non sono nemmeno di natura propriamente sentimentale.
Edmund e Mrs. Crawford spesso si confrontano sulle proprie idee e convinzioni in merito alla figura dell'ecclesiastico, dell'abito, del prendere o meno i voti, della lunghezza più o meno eccessiva della messa ecc.
Tutti argomenti che vengono dilungati eccessivamente, e credo che questo sia attribuibile alla volontà della stessa scrittrice di farci sapere il suo parere in merito a tali questioni.
Per queste ragioni ho trovato questo romanzo più "pesante" e meno appassionante di quelli letti in precedenza della medesima autrice.

Considerazioni:
Se non hai letto il romanzo, e hai intenzione di farlo fermati qui!
Fanny è un personaggio che ha da subito catturato la mia simpatia. 
Una bimba di nove anni, costretta suo malgrado a lasciare la  famiglia, catapultata in un'altra dove tutti le sono estranei e nessuno sembra sforzarsi di darle affetto, o farla sentire meno sola, a chi non farebbe tenerezza?
Il suo carattere umile, taciturno, non capace di rispondere alle offese e serbare rancore, non fa altro che accrescere nel lettore l'affetto nei suoi riguardi.
Questo è successo a me, almeno fino ad un certo punto!
Crescendo Fanny ha maturato dei sentimenti nei confronti del cugino Edmund, e questo le ha fatto conoscere anche un'altro sentimento fino ad allora mai provato... la gelosia.
Fanny non è mai stata gelosa delle cugine, e a loro, come alla terribile zia Norris, ha sempre perdonato e giustificato ogni offesa o cattiveria a suo danno e ogni vanità e presunzione.
A Mrs. Crawford però non perdona nulla, e sebbene questa si dimostri in più occasioni sempre gentile e piena di riguardi nei suoi confronti, Fanny non smette di vedere del marcio in ogni suo gesto e parola.
Questo mi ha reso via, via il suo personaggio sempre più antipatico.
Ora io ammetto di essere portata a giudicare quello che leggo influenzata da quella che è la mia mentalità, sicuramente più aperta rispetto a quelli che sono i tempi in cui è stato scritto il romanzo, ma no ho trovato comportamenti o affermazioni eccessivamente oltraggiose in Mrs. Crawford, anzi, mi sono ritrovata spesso in accordo con molte delle sue convinzioni.
Il suo essere screanzato e scherzoso, il suo spirito sarcastico e malizioso mi hanno divertito e mi hanno ricordato sia Marianne (di "Ragione e Sentimento", che resta fra tutti i personaggi della Austen quello che ho maggiormente amato) ed Elizabeth (di "Orgoglio e Pregiudizio")
I giudizi di Fanny, influenzati inconsapevolmente dalle convinzioni dell'uomo di cui è innamorata, li ho trovati spesso ingiusti e presuntuosi.
Come può una ragazza che ci viene presentata in maniera tanto umile avere la presunzione di ritenere sciocca un'altra persona, solo perché ha idee diverse dalle sue? E diciamocelo, più moderne!
Così il racconto, che inizialmente mi stava coinvolgendo perché diverso dagli altri (e io non avrei proprio voluto ritrovarmi a leggere la seconda ristesura di "Ragione e Sentimento") ha finito per annoiarmi.
Andando avanti ho percepito la svolta, e la storia ha ricominciato ad appassionarmi, il corteggiamento di Hanry l'ho trovato un bel cambiamento, dava freschezza e brio ad un romanzo dai toni un po' smorti, dove la tristezza e il senso di colpa avevano fatto, sino ad allora, da padroni.
Avevo sperato di vedere Fanny coinvolta, man mano, in questo sentimento, di vederla allegra e spensierata lasciarsi andare ad un amore fatto di passione, e non di solo affetto fraterno e stima morale, come quello che la lega al cugino.
E invece no! La Austen (a parer mio) rovina tutto, facendo tornare Hanry a vestire i panni di un mascalzone. 
Anche questa volta com'era già successo in "Ragione e Sentimento" ci regala un finale affrettato (anche se in questo caso, l'ammetto, non vedevo l'ora che il libro finisse) in cui, in poche righe veniamo a conoscenza dell'amore nato tra Edmund e Fanny.
E troviamo il povero Edmund rilegato in un amore che non aveva mai desiderato, il che ancora una volta mi ha ricordato Marianne e il suo matrimonio improvviso con il colonnello Brandon (scelta che anche in quel caso ho disprezzato U_U)
In conclusione sono giunta a ritenere che alla cara Jene, l'amore passionale non vada tanto a genio. 
La scrittrice appare sempre pronta a sgretolare ogni sogno di futura felicità, in favore di affetti meno sentiti e forse a suo parere più duraturi.


Il mio voto per questo libro

venerdì 2 agosto 2013

Recensione: "Bari Noir" di Roberto Recchimurzo

Titolo: Bari Noir
Autore: Roberto Recchimurzo
Editore: Wip Edizioni
Data di Pubblicazione: Febbraio 2009
Pagine: 106
Prezzo: 9,00€

Trama:
Robert Remur nasce nella Bari vecchia in un ambiente non propriamente adatto ad un bambino, sua madre è un'insegnante francese e suo padre un malavitoso molto conosciuto in città. Robert cresce così, fra la rettitudine materna e la delinquenza. Quando ha 19 anni i genitori muoiono prematuramente a causa di un brutto incidente stradale. E' allora che Robert decide di diventare un detective ed eliminare, per quello che gli è possibile, la corruzione dalla sua amata città.
Un freddo giorno di gennaio scopre che una sua vecchia conoscenza è tornata in città, una notizia che potrebbe cambiare non solo la sua giornata, ma tutta la sua vita...

Recensione:
Il racconto si svolge in tre giornate, durante le quali l'autore cerca di farci vivere diverse situazioni "d'azione" tra comicità e ambientazioni noir.
La scrittura è semplice, non mancano nel testo modi di dire ed espressioni dialettali tipiche del posto.
Il racconto è scorrevole e non impegnativo.

Considerazioni:
Posso sicuramente dire che non consiglierei questo libro a chi non ama il genere, e ancor più mi sentirei di sconsigliarlo a chi lo ama particolarmente, perché troverebbe questo libro eccessivamente sbrigativo, non capace di creare suspense o anche il minimo sospetto, molto prevedibile, e ricco di luoghi comuni.
Solo il pensare che un libro d'investigazione, quasi un thriller, si possa svolgere in tre giorni di racconto dice tutto.
Il ricercato per eccellenza, che si fa catturare dopo soli 3 giorni dal suo arrivo in città? Poco credibile a mio parere.
Tutto si svolge rapidamente, come se lo scrittore avesse  fretta di concludere il racconto.
E questa è una pecca che ho trovato in molti scrittori giovani o esordienti.
Inoltre, in un libro così intento ad esaltare la città in cui è ambientato (Bari in questo caso), non capisco la scelta di dare a tutti i personaggi nomi americani, cosa che succede anche con le strade e i luoghi... ed ecco che via Santo Spirito diventa "Saint Spirit street"  Via Dante si trasforma in una "Dante Street" e così via in un fiorire di street, way, road. Anche "la Bari  Vecchia", come tutti i baresi la conoscono, non viene risparmiata e diventa "Old Bari".
Il contrasto tra le parole dialettali e questo genere di americanate mi ha fatto spesso sorridere.
In definitiva posso consigliare questo libro a chi desidera una lettura svelta e leggera, la tipica lettura "da sotto l'ombrellone", o a chi, non troppo amante della lettura impegnativa, alla domanda "hai letto qualche libro quest'estate?" voglia  rispondere di sì.


Il mio voto per questo libro