martedì 28 novembre 2017

Quarta edizione del GDL "Books, Chocolate and friends"...

Dicembre è ormai alle porte e come accade da tre anni a questa parte, vorremmo fare il conto alla rovescia per il Natale assieme a voi.
Sappiamo che la comunicazione arriva in ritardo, che avremmo dovuto darvi più tempo per procurarvi il libro, ma speriamo vivamente che sia già presente nelle librerie di molti di voi.
Il libro che abbiamo scelto per questo calendario dell’evento 2017 è: rullo di tamburi... “Lettere di Babbo Natale” di J.R.R. Tolkien!!! 
Lo trovate in diverse edizioni, compresa una appena pubblicata dalla Bompiani (questa volta con il titolo “Lettere da Babbo Natale”).
Chi di voi è con noi?


Il calendario ovviamente avrà inizio il 1° Dicembre, giorno in cui leggeremo le prime quattro lettere di Babbo Natale. Quelle riportate nel libro, infatti, sono in tutto 28, quindi per ripartirle nei 24 giorni abbiamo scelto di leggere insieme quelle più brevi.
Ragion per cui, come il primo giorno, anche il 6 dicembre torneremo a leggere due lettere, ovvero la nona e la decima.

Per farla breve:
1° Dicembre: introduzione + prime 4 lettere
2 Dicembre: quinta
3 Dicembre: sesta 
4 Dicembre: settima
5 Dicembre: ottava
6 Dicembre: nona e decima
7 Dicembre: undicesima e così via, una al giorno fino al 24 Dicembre.

Per quanto concerne le tappe si svolgeranno tutte qui, sul nostro blog.
Inizieremo con un post d'apertura il 1° Dicembre e poi ci incontreremo nuovamente per discutere le nostre impressioni in altri tre appuntamenti fissati per il 12, il 19 e la tappa finale del 27 Dicembre.

Come sempre discuteremo giornalmente del libro su facebook, nella pagina evento creata appositamente.
Vi aspettiamo numerosi ♥


lunedì 27 novembre 2017

Se fosse un film... #8


Salve avventori!
Rieccoci con un nuovo appuntamento di questa rubrica, in cui, per chi non lo sapesse, noi del Café Littéraire ci dilettiamo ad immaginare ipotetici cast per ipotetiche trasposizioni cinematografiche dei libri che abbiamo letto.
Oggi vi parlerò de "Il Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey" di Mary Ann Shaffer e Annie Barrows, un romanzo davvero adorabile.
Se non sbaglio dovrebbe essere già in cantiere il film che, per quanto ne so, dovrebbe chiamarsi semplicemente "Guernsey". Alla regia pare ci sarà Mike Newell e circolano dei rumors sugli attori prescelti, ma non è ben chiaro se si tratti del cast definitivo oppure no.
In ogni caso, mentre ero immersa nella lettura, io immaginavo ben altri volti, rispetto a quelli che probabilmente vestiranno per davvero il ruolo di protagonisti.
E potevo forse non condividerli con voi?
Ovviamente no, ecco quindi il mio cast:

Emilia Clarke nel ruolo di Juliet Ashton

Juliet è una giovane donna divertente e autoironica. È una scrittrice di successo in cerca di ispirazione e trova in Guernsey e nei suoi abitanti uno stimolo per dare una svolta alla sua carriera, e soprattutto alla sua vita. 
Mentre leggevo ho immaginato l'attrice Emilia Clarke, di cui ho apprezzato l'interpretazione in "Io prima di te". Credo sia perfetta per il ruolo di una donna brillante ed intelligente, che non ama prendersi troppo sul serio. 


Clark Gregg nel ruolo di Sidney Stark

Mentre leggevo di Sidney, editore e migliore amico di Juliet, avevo ben impressa l'immagine di un attore, eppure non riuscivo a ricordare chi fosse o dove l'avevo visto. 
Supponevo si trattasse di un personaggio di un telefilm che mi ero trovata casualmente a vedere qualche volta, ma che non seguivo assiduamente, ma non riuscivo a capire quale. Improvvisamente è arrivata l'illuminazione: era un agente dello shield, dell'omonima serie tv della Marvel! Non so bene il perché, fatto sta che il mio inconscio ha scelto lui.

Joseph Gordon Levitt nel ruolo di Dawsey Adams

Nel libro viene descritto come un uomo riservato, gentile e sempre pronto ad aiutare il prossimo. Ed in più la scrittrice ci dice che quando ride ha il sorriso più dolce del mondo. È stato in quel momento che ho visualizzato il volto di Joseph, che è tra l'altro uno dei miei attori preferiti (insieme a Leonardo DiCaprio e al compianto Heath Ledger). E da allora per me c'è sempre stato un unico e solo Dawsey possibile, Mr. Levitt ovviamente U_U

Betty White nel ruolo di Amelia Maugery

Trovo che Betty White sia un'attrice grandiosa, ma soprattutto una signora adorabile. E Amelia Maugery è una di quelle figure che amano prendersi cura degli amici, quasi fossero figli. È gentile e protettiva, una sorta di mamma chioccia. 






Lisa Kudrow nel ruolo di Isola Pribby

Isola è uno dei miei personaggi preferiti, è divertente, ingenua e buffa. Ho apprezzato molto le sue lettere, e soprattutto la sua indagine da detective. Per il suo personaggio avrei pensato all'attrice che ha interpretato, tra le altre cose, Phoebe nel telefilm Friends. 





Robert De Niro nel ruolo di Eben Ramsey

Eben è uno di quei personaggi che si scopre nel tempo. Sembra molto silenzioso inizialmente, salvo poi aprirsi con Juliet per rivelare un grande dolore per un'improvvisa e traumatica perdita.
L'ho immaginato subito con le sembianze di De Niro, proprio per questa apparenza da duro che nasconde un cuore tenero di cioccolato XD 

Leonardo DiCaprio nel ruolo di Mark Reynolds

No, non ho scelto DiCaprio perché fa parte della magica triade (vedi sopra), ma solo perché non avrei potuto fare altrimenti. 
Mark è bellissimo, affascinante, ambizioso, galante, ironico e non ultimo ricco. 
Praticamente l'uomo perfetto, e chi avrei potuto scegliere se non l'attore perfetto? 


E con questo è tutto.
Cosa ne dite delle mie scelte?

venerdì 24 novembre 2017

Affiliazione Amazon: basta un click ^-^

Salve avventori!
Quello di oggi è un post un po' atipico, e ora capirete perché.
Tenere un blog letterario sempre aggiornato sulle nuove uscite librose è un lavoro dispendioso sia in termini di tempo, che economici (insomma i libri diventano sempre più cari), per questo abbiamo deciso, tempo fa, di affilarci ad Amazon, per cercare, nel nostro piccolo, di ammortizzare un po' le spese.
Non ci piace la pubblicità nei blog, è fastidiosa e sortisce spesso l'effetto contrario a quello che si prefigge: anziché allettare nuovi clienti, li indispone.
Però Amazon è diverso, e diciamocelo, lo usiamo tutti. Per molti è addirittura indispensabile.
Certo, non è facile guadagnarci qualcosa, quante probabilità ci sono che un lettore scelga di fare un acquisto cliccando giusto giusto sul nostro link? Non abbastanza. Però grazie a voi siamo riuscite a fare alcuni acquisti librosi di tutto rispetto.
Ed è questo il dunque, vi chiediamo una mano, un favore, una piccola cortesia, un disturbo, vedetelo come volete XD
Alcuni blog chiedono donazioni per sostenersi, ma a noi l'idea non è mai piaciuta, nulla in contrario con chi lo fa, ma crediamo che esistano cause ben più meritevoli da appoggiare.
Quello che invece vi chiediamo noi non vi costerà nulla, se non il disturbo appunto.
Dato il Natale alle porte, e il Black Friday in questi giorni, siamo sicure che molti di voi ricorreranno ad Amazon per regali e acquisti vari, be' noi vi chiediamo semplicemente di fare i vostri acquisti (se ne avrete voglia) passando dai nostri link.
Non occorre che compriate necessariamente l'articolo che il link propone, o che i prodotti siano libri. Potete acquistare quello che volete, quello che conta è che effettuiate la ricerca passando da uno dei nostri link sparsi per il blog.
Come questo:

Basta un click, nulla di più. Ovviamente a voi non comporterà alcuna spesa aggiuntiva rispetto all'acquisto effettuato, sarà Amazon a conferirci una piccola percentuale in base alla categoria del prodotto.
Ne approfittiamo per ringraziare chiunque in passato già lo ha fatto e chiunque di voi lo farà.
Grazie di cuore ♥ 

giovedì 23 novembre 2017

Recensione: "Cati. Una favola di potere" di Rossana Campo

Titolo: Cati. Una favola di potere
Autore: Rossana Campo
Editore: Bompiani
Data di pubblicazione: settembre 2017
Pagine: 224
Prezzo: 14,00 € 

Trama:
Cati ha tredici anni, non si piace, odia tutti tranne la sua mamma un po' punk che non c'è più, e detesta Titti, la nuova perfettissima compagna del papà. 
Nel disordine della sua vita, quando la malinconia e la rabbia sono al massimo, Cati letteralmente inciampa in Seraphine, che ha l'aria di essere una senzatetto ma in verità è una strega. Sarà con questa curiosa guida, e grazie ad altre donne alquanto bizzarre, che Cati scoprirà il potere della Casa della Luna e riuscirà a dare alle sue energie un colore che non sia il nero della ribellione, riversandole come benzina in quella favola di potere che è la sua vita: un posto pieno di nuovi legami e di grandi possibilità.

Recensione:
Si dice sempre "mai giudicare un libro dalla copertina", ma dopo oggi aggiungerei anche "mai giudicare un libro dalle prime pagine". Difatti, se mi fossi basata solo sui capitoli iniziali, avrei di certo stroncato senza mezze misure il lavoro della Campo, tuttavia, più o meno a metà lettura, ecco che arriva la sorpresa: la strampalata Seraphine, che scombina tutti i piani e rovescia completamente il registro della storia.
Per fortuna faccio parte di quella categoria di persone che, vuoi o non vuoi, per linea di principio, e anche a causa di una certa dose di curiosità, non riesce proprio a non terminare un romanzo, per quanto noioso possa essere.
Ed in effetti la vicenda di Cati non è partita nel migliore dei modi. Come avrete dedotto dalla trama, la ragazzina protagonista incarna perfettamente il ruolo della punk indisciplinata che crede di avere tutto il mondo contro. E più che il ruolo, ne incarna proprio lo stereotipo. Parla in modo affettato e artificioso, privo di qualsiasi contatto con la realtà. Sembra quasi che l'autrice abbia pensato "come parlerebbe una tredicenne ribelle, amante della musica punk/rock?" e via quindi con i luoghi comuni.

E come va con gli amici? Hai delle amiche? 
Sì, ho la mia amica, quella deficiente della Ombretta sarebbe la mia migliore amica, diciamo così, ce la contiamo sempre su, e lei ogni tanto viene da me, perché la sua vecchia trinca e a casa sua è un vero bordello... 
Vuoi dire che la madre della tua amica beve? 
Oh, sì, e parecchio, beve di brutto e la mena, dà di matto la sua vecchia!

Per non parlare poi del comportamento di Cati: vive con malessere il suo aspetto esteriore e perciò ritiene, senza alcuna prova effettiva, che tutti la odino o tramino alle sue spalle.
Fatto sta che la prima parte non è altro che una lunga fase di vittimismo gansta style, alternata a sporadici e profondi pensieri sul dolore e lo stare al mondo.
Tutto cambia nella seconda parte, grazie all'improvviso intervento della strega buffa e goffa, che convince l'adolescente problematica a trasferirsi alla Casa della Luna.
Lì assistiamo alla rinascita di Cati, e anche alla nostra, devo ammetterlo. Ci viene descritta un'esistenza nuova, all'insegna del coesistere armonico tra uomo e natura (in realtà donne e natura), della meditazione e della conoscenza di sé, della fiducia nelle proprie capacità e del rispetto delle fragilità annesse.
La nostra protagonista, sempre troppo occupata a riversare la rabbia e il rancore sugli altri e sulla sua stessa persona, imparerà a perdonare chi l'ha fatta soffrire, e a perdonarsi per gli errori commessi.
Inoltre queste pagine sono anche un'occasione per la scrittrice per focalizzare l'attenzione su un altro tema importante, ovvero la forza delle donne e il superamento delle avverse condizioni che, nel corso dei secoli, le hanno spesso viste sottomesse, soggiogate, torturate ed uccise.
Le donne, che siano streghe oppure no, devono ritrovare la fiducia nel loro potere femminile, credere in se stesse e non permettere a nessuno di sminuirle o farle sentire inferiori.

Prima di andare a dormire c'è una cosa che voglio insegnarti. 
Sono stanca! Ho protestato io. 
È una cosa veloce, vedrai. Tirati su. 
Mi sono messa seduta con la schiena dritta e le gambe incrociate sul divano. 
Lei ha detto: Ora tirati un pugno in faccia! 
CHE COSA? 
Hai capito. 
Be', no, non voglio farlo, Seraphine. 
Ho detto tirati un pugno in faccia! 
No, non mi va. Tu lo faresti? 
No, non lo farei. 
Brava, e allora? 
Allora cosa? Io non lo farei perché ho già ricevuto la lezione numero uno, tanto tanto tempo fa. E la famosa lezione numero uno è questa: non dare retta a tutto quello che le persone ti dicono. E non fare qualcosa solo perché qualcuno te lo chiede.

Questa parentesi storica, mista ad un certo ascetismo e a pratiche di brain training, si è rivelata senza dubbio interessante, nonché spunto di riflessione.
Per di più i capitoli ambientati alla Casa della Luna risultano particolarmente eccentrici e ironici, grazie al personaggio fuori dalle righe che è Seraphine, sia presa da sola che assieme alle sue allegre comari, le streghe Circe, Bessie e Janine.
E oltre alla spensieratezza, nella stravagante dimora in via Giuggiola 13, si respira anche l'amore per la terra, le erbe magiche (e anche i loro profumi), e per ogni essere vivente.
E fin qui tutto bene, direte voi. Beh, era quello che pensavo anch'io, ovvero un libro partito da premesse banali e poco stimolanti, per poi approdare a scenari inaspettati, allo stesso tempo densi di allegria e di pensieri profondi.
Sennonché, con un colpo di coda Rossana Campo, per chissà quale motivo, torna al punto di partenza. Cati è davvero cresciuta come persona, soprattutto per quanto concerne la consapevolezza dei pregi e dei difetti che la rendono speciale così com'è, eppure continua a pensare di avere nemici in ogni dove. E la cosa peggiore è che alla fine della fiera sembra avere ragione: la matrigna amante dei cibi poco calorici e del pilates è in realtà una strega cattiva, come anche tutte le altre persone per cui la povera ragazza ha sempre nutrito antipatia.
Non capisco la necessità di riportare ad uno sviluppo elementare (con tanto di battaglia finale, che consiste essenzialmente nel misero lancio di una collanina) una storia che poteva dare, e stava dando, molto di più.
Un vero peccato, perché ad un certo punto il fascino della Casa della Luna mi aveva letteralmente stregato. Ma si sa, gli effetti degli incantesimi non durano a lungo.

Considerazioni:
Se non hai letto il libro, e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Cercherò di essere breve e concisa, anche se il dono della sintesi non mi appartiene.
Come avrete capito l'incipit di questo libro non mi ha colpito affatto, principalmente per due motivi.
Il linguaggio utilizzato, decisamente forzato e, a mio parere, poco credibile.
Poi non so, forse i ragazzi di oggi parlano davvero in questo modo rozzo e grossolano, e magari sono io a non esserne a conoscenza. In ogni caso, in base alle mie esperienze, mi è parso poco naturale, e anche fastidioso da leggere. Tutto qui.
Ci sarebbe poi da aggiungere anche la mancanza di discorsi virgolettati (come potete vedere anche nei passi qui riportati) che non permette di distinguere facilmente i diversi interlocutori, e rende quindi la lettura meno fluida.
Il secondo motivo riguarda invece proprio la trama. Cati ha diversi scatti di ira nei confronti degli altri e di se stessa e non se ne capisce il motivo. Prova rancore per il padre che non ha conosciuto, eppure quando lui mostra interesse per lei, la ragazza rimane indifferente.
E cosa ben peggiore si mostra ostile nei confronti della compagna del padre, "la Titti", rea di averle proposto di fare un po' di palestra o di mangiare del cibo sano. Quanta cattiveria!
E lei non fa altro che rimarcare quanto tutti siano odiosi, quando nella realtà dei fatti tutta quest'avversione non ci viene descritta.
L'unico vero motivo che avrebbe la protagonista per stare male e avercela con il mondo è la morte della mamma, eppure anche questa cosa viene solo accennata.
Ovviamente non è tutto da buttare, anzi, anche in questa prima parte non proprio ben elaborata, talvolta vengono elargite delle perle di saggezza, sullo stato di tristezza e solitudine in cui versa Cati.

Tutti quegli oggetti erano come dei frammenti di un'antica me stessa. Li guardavo e mi dicevo che anche se non ci pensavo tutto il tempo mia madre mi mancava da matti. Quella sensazione era come una lunga frase scritta con l'inchiostro invisibile sul mio cuore e su tutto il corpo, non si vedeva ma c'era, era lì, e bastava poco per farla uscire.

Della seconda parte, che mi ha permesso di rivalutare il libro, vi ho già parlato.
Vorrei aggiungere invece qualcosa sul finale. Cati capisce di essere non solo una strega, ma la predestinata che ha il compito di combattere e vincere contro il nemico, la strega Callista che, tra le altre cose, ha ucciso sua madre (complice per di più la matrigna Titti).
In quattro e quattr'otto vince la sua battaglia e può tornare tranquilla e contenta a casa.
Non capisco come, dalla intensità dei discorsi sulla condizione femminile, si sia passati a questa battaglia epica alla tarallucci e vino.
In realtà sia l'inizio che la fine mi hanno ricordato il libro "Cuore di ciccia" di Susanna Tamaro, con cui ha più di un'affinità (il cibo per integrare la carenza d'affetto, il ricovero in clinica, il processo di metamorfosi e il lieto fine). Con la differenza che quello della Tamaro è indubbiamente un libro per bambini.
Invece "Cati. Una favola di potere" sembra un libro per bambini, camuffato da libro per ragazzi, e nato con le pretese di un libro per adulti. Il risultato è una storia confusa di cui non è ben chiaro il target, e che, in questo modo, sembra non accontentare pienamente nessuno.

Ringrazio la casa editrice Bompiani per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

martedì 21 novembre 2017

Recensione: "Il Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey" di Mary Ann Shaffer e Annie Barrows

Titolo: Il Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey
Titolo originale: The Guernsey Literary and Potato Peel Pie Society
Autori: Mary Ann Shaffer e Annie Barrows
Editore: Astoria
Data di pubblicazione: 2 novembre 2017
Pagine: 292
Prezzo: 17,00 €

Trama:
È il 1946 e Juliet Ashton, giovane giornalista londinese di successo, è in cerca di un libro da scrivere. All’improvviso riceve una lettera da Dawsey Adams – che per caso ha comprato un volume che una volta le era appartenuto – e, animati dal comune amore per la lettura, cominciano a scriversi. Quando Dawsey le rivela di essere membro del Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey, in Juliet si scatena la curiosità di saperne di più e inizia un’intensa corrispondenza con gli altri membri del circolo. Mentre le lettere volano avanti e indietro attraverso la Manica con storie della vita a Guernsey sotto l’occupazione tedesca, Juliet scopre che il club è straordinario e bizzarro come il nome che porta.

Recensione:
Come si fa a resistere ad un libro che parla di club letterari e torte dai gusti eccentrici?
Beh, che io sappia, è a dir poco impossibile.
Se ci aggiungete poi come trama una corrispondenza epistolare tra una giornalista inglese, nonché scrittrice, ed un misterioso isolano appassionato di romanzi, nonché contadino, allevatore di maiali, scaricatore di porto, carpentiere e mille altre cose, il gioco è fatto.
E parlando di ingredienti, sappiate che questi sono solo due dei tanti altri che, mescolati assieme, non possono che dar vita ad una miscela esplosiva.
Per prima cosa l'ambientazione, una ridente isola, fatta di rigogliose distese di erba, spiagge sconfinate e scogliere acuminate. Il posto giusto per chi sente il bisogno di perdersi per un po', senza pensare al caos cittadino, e ai problemi della vita quotidiana.

L'unico difetto di questa sistemazione è la costante tentazione di uscire e camminare fino al limitare degli scogli. Il mare e le nuvole non restano fermi neanche per cinque minuti di fila e ho paura di perdermi qualcosa se rimango al chiuso. Quando mi sono alzata, questa mattina, il mare era pieno di luccichii: sembrava colmo di monetine. 
Adesso invece pare coperto da un telo giallo limone. 
Gli scrittori dovrebbero vivere nell'entroterra o vicino alla discarica cittadina, se vogliono riuscire a lavorare seriamente. 
O forse dovrebbero essere più determinati di me.

Ma Guernsey, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, non è sempre stata un rifugio felice. Anch'essa, come la maggior parte del mondo, ha subito il dramma della Seconda Guerra Mondiale, e dell'occupazione.
Prede dei tedeschi, gli isolani hanno dovuto rinunciare a tutto: al cibo (razionato e ceduto ai nemici), al riscaldamento (a cui si è ovviato tagliando la maggior parte degli alberi o bruciando, ahimè, i libri), al sapone, al pescato e ai maiali allevati.
Ed è proprio ad un maialino arrosto, furbescamente occultato agli occhi dei tedeschi, e cucinato di soppiatto, che si deve la nascita del "Club del libro e della torta di bucce di patata".
So che detto così può sembrare assurdo, ed in effetti se leggeste la storia che ha dato origine a questa carinissima tradizione capireste che lo è davvero, ma fatto sta che l'amore per i libri è nato a Guernsey per caso, come astuto artificio per nascondere agli occupanti la verità.
E se c'è qualcuno a cui si deve la paternità del Club, oltre al povero maiale servito per cena ovviamente, quella è sicuramente Elizabeth McKenna, la giovane ed estrosa donna arrivata da Londra molti anni or sono.
Lei, con la vitalità ed il senso di adattamento che l'ha sempre contraddistinta, è riuscita a tenere unito il gruppo di paesani anche nelle avversità, a cementare le amicizie già nate, e a crearne di nuove.
Elizabeth è stata il collante, l'unica a cui tutti si sarebbero rivolti per risolvere un pasticcio, l'unica che sarebbe accorsa senza pensarci due volte, e senza pensare a se stessa.
Pur non vivendo più in paese, per ragioni che non sto a spiegarvi, la sua assenza è tristemente presente: lei vive nelle storie degli altri, negli aneddoti tramandati di bocca in bocca, nelle lettere che giorno dopo giorno attraversano la Manica per arrivare a Londra da Juliet.
E parlando proprio della nostra protagonista, la signorina Ashton, c'è da dire che, in quanto a personalità e determinazione non è certo da meno.
Già dalle sue prime lettere risulta evidente la sua verve comica, la spigliatezza e il modo di fare autoironico. Che siano scambi di missive con l'editore e quasi fratello Sidney Stark, con le migliori amiche Sophie e Susan, o con Dawsey e gli altri iscritti al Club del libro, la sostanza non cambia: Juliet rimane la scrittrice piena di vita e di idee, gentile e buffa, caparbia ed intelligente, e perciò assolutamente adorabile.
E che dire poi degli abitanti dell'isola?
Li scopriamo poco a poco, ma più si va avanti, più ci si affeziona a loro.
Ad Isola, e alla sua passione per le sorelle Brontë, le pozioni magiche e qualsiasi altro passatempo fuori dagli schemi; ad Amelia, la dolce signora che si prende cura di tutti i paesani; a Dawsey, così silenzioso eppure indispensabile; alla risoluta e dolcissima Kit, la bimba di Elizabeth; e poi Eben, Eli, Clovis, John e tanti altri....
Se in un primo momento appare difficile tenere a mente ciò che ogni personaggio scrive a Juliet (come avrete capito i mittenti sono davvero tanti, e ognuno con parecchie cose da dire), con il prosieguo della lettura non si avverte più questo problema, grazie alle personalità ben definite.
Le loro lettere sono bizzarre e spiritose, ma affrontano anche tematiche forti legate al periodo della guerra, come la difficile convivenza con i tedeschi, i campi di lavoro, le attività clandestine di alcuni paesani e le opere di denuncia da parte di altri, la mancanza di viveri, l'evacuazione dei bambini ed il pericolo delle bombe.
Questi argomenti sono affrontati con grande serietà e rispetto verso chi ha davvero subito eventi dolorosi di tale portata, ma senza cadere in toni melodrammatici.
Altro tema preponderante nel libro, come avrete dedotto dal titolo (no, non mi riferisco alla torta di bucce di patata) è l'amore per la lettura, il motivo principale che dà il via alla corrispondenza tra Juliet Ashton e gli abitanti di Guernsey.
Ognuno di loro ha i suoi autori preferiti e non manca di raccontarci curiosità a riguardo (a tal proposito risulta davvero interessante la biografia dello scrittore Charles Lamb e il suo rapporto con la sorella sorella Mary), o di annotare le citazioni preferite.
Ognuno di loro è arrivato ad amare i romanzi con modalità, motivazioni e tempi diversi, e ci racconta dell'importanza che il Club del libro ha avuto nelle loro vite. Nato come uno stratagemma improvvisato per ingannare i tedeschi e salvarsi la pelle, è divenuto ben presto per tutti un rifugio sicuro, una frazione di tempo sottratta alla dura realtà della guerra, una passione da condividere con gli amici.

Ci aggrappavamo ai libri e ai nostri amici: ci ricordavano che esisteva anche qualcos'altro. Elizabeth recitava spesso una poesia. Non me la ricordo tutta, ma cominciava così: "È davvero cosa di poco conto aver goduto del sole, aver vissuto la luce in primavera, aver amato, curato, apprezzato, conosciuto dei veri amici?". No che non lo è. Spero se lo ricordi ovunque sia.

Un po' come il locale di Idgie e Ruth di "Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop", è un posto magico (in questo caso metaforico, essendo il Club itinerante), di cui ognuno di noi vorrebbe far parte.
Questo è uno dei punti di forza del romanzo, il riuscire a coinvolgere totalmente il lettore, e renderlo protagonista della storia stessa.
Le lettere sono indirizzate a Juliet, è vero (e viceversa), ma potrebbero benissimo avere come destinatario me o chiunque altro. È un po' come se i vari personaggi diventassero nostri amici e ci confidassero i loro pensieri più profondi, i traumi che hanno subito in passato, le paure che ancora li attanagliano, ma anche gli episodi buffi che accadono quotidianamente.
E pur essendo un libro fatto esclusivamente di lettere (e qualche telegramma), non risulta affatto tedioso o monotono. Anzi, mentre si legge una lettera non si vede l'ora di imbattersi nella risposta del destinatario (non sempre sono una di seguito all'altra), e saperne di più sui fatti raccontati.
Altra cosa che mi ha piacevolmente stupito è stata la questione della scrittura a due mani.
Mi spiego meglio. Purtroppo mentre era in corso la stesura di "Il Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey" Mary Ann Shaffer si è ammalata gravemente.
Non avendo più la forza di occuparsi del suo lavoro, ha affidato la revisione della stesura e la conclusione del testo alla nipote Annie Barrows, l'altra scrittrice di famiglia. Sfortunatamente la Shaffer non ha visto né la conclusione né la pubblicazione del romanzo, diventato successivamente un best-seller, tradotto in ben 37 Paesi.
Ora, pur avendo subito un riadattamento, ed essendo stato terminato da un'altra persona, leggendo il libro non si ha il minimo avvertimento dell'accaduto. Il cambio di mano non è percepibile ed il risultato è un elaborato dallo stile uniforme.
In generale il libro appare perfettamente calibrato, un misto di allegria, dolore e speranza, perfettamente alternati e combinati assieme.
Un romanzo spumeggiante che ci parla di amore per i libri, di amicizia e lealtà, e di come i legami indissolubili possano resistere al tempo, alla distanza e alle avversità della vita.
Una narrazione che, anche grazie agli adorabili personaggi, diverte, fa riflettere e sperare. Che ti entra nel cuore, come solo le migliori storie sanno fare.
Forse verso la fine assume un po' troppo le vesti di commedia romantica, almeno per i miei gusti. In altri generi di libri avrei criticato questa scelta, o perlomeno l'avrei considerata un difetto, ma devo ammettere che in questo caso specifico ci sta.
Dopo tanta sofferenza, dopo anni di pioggia ininterrotta, un arcobaleno luminoso è proprio quello che serve.

Considerazioni:
Ho adorato questo libro dalla prima all'ultima pagina, perché prima di tutto ho adorato Juliet.
Come vi ho detto prima, lei è un tale tornado di estrosità, euforia e curiosità che con le sue lettere, e le sue parole, non può che trasmettere le medesime sensazioni al lettore.
Tramite lei ho iniziato ad affezionarmi anche agli altri personaggi, in particolare a Sidney, il suo editore, cui è legata da un solido rapporto di amicizia, prima che di lavoro.
I loro botta e risposta carichi di ironia e battute pungenti mi hanno conquistata.
Fortunatamente il libro è ricco di personalità effervescenti, capaci di far sorridere ed intrattenere. Tra queste le mie preferite, ovvero Isola Pribby, Elizabeth McKenna e la piccola Kit.
In particolare Isola, così ingenua, divertente e credulona da non passare certo inosservata. A volte mentre leggevo una lettera di Clovis Fossey o John Booker, per fare degli esempi, tornavo indietro per ricapitolare un po' le idee, ma con Isola no, non ne avevo proprio bisogno.
Tra le altre cose, il suo modo di fare strampalato mi ha ricordato Irma della trilogia de "Il Lieto Tramonto", altro personaggio memorabile.
E parlando ancora di somiglianze, la determinata ed effervescente Elizabeth pare molto simile a Idgie di "Pomodori verdi al caffè di Whistle Stop". Come lei, pur non essendo realmente presente nella narrazione (se non nei racconti degli altri), è la vera protagonista del romanzo. E sempre in riferimento al meraviglioso libro di Fannie Flagg, gli appunti delle indagini di Isola mi hanno fatto pensare al bollettino settimanale di Dot Weems. Chi ha letto il romanzo sa di cosa parlo.
E poi c'è Kit... che dire di lei? Di lei ho amato sia lo sguardo torvo e l'atteggiamento schivo che l'animo dolce e buono che dimostra di avere. Mentre Juliet si affeziona a lei, noi lettori non possiamo che condividere i suoi sentimenti.
Potrei soffermarmi a parlare di ogni personaggio, ma state tranquilli, non lo farò.
Vorrei spendere però due parole per Mark Reynolds, l'affascinante spasimante di Juliet.
La corteggia prima con le lettere, poi con le cene ed i concerti, ma sempre con garbo, eleganza e gentilezza.
Dagli scambi epistolari che intercorrono tra i due, il feeling è evidente eppure, improvvisamente, lo splendido ritratto fatto del signor Reynolds svanisce di colpo.
Da galante gentiluomo (come altro si potrebbe descrivere uno che aspetta la donna che ama per sei mesi, anche se lei le rifila un due di picche dopo l'altro?) diventa improvvisamente il mostro che vuole tenere in pugno la scrittrice, per farne una dama da compagnia ed esibirla alle feste come un trofeo. Senza che venga citata la benché minima prova a favore di questa tesi.
Ora, capisco la necessità di voler dare un certo tipo di finale al lettore (che in effetti non mi è affatto dispiaciuto), e ci sta, ma perché svilire per forza i personaggi che non rientrano nel copione?
Se dovessi quindi trovare un difetto a questa storia, sarebbe proprio la svolta romantica un po' forzata (e anche affrettata).
Poi però guardo l'insieme, e vedo una bellissima famigliola felice, un nuvolo di amici, ed un posto meraviglioso in cui crescere, vivere e amare e mi dico: beh, se questo è un errore, voglio sbagliare anch'io.

Ringrazio la casa editrice Astoria per avermi fornito una copia cartacea di questo romanzo

il mio voto per questo libro

sabato 18 novembre 2017

WishList #7


Salve avventori!
Ma da quanto tempo non aggiornavamo questa rubrica! Eppure la nostra lista desideri non si è affatto fermata, anzi, si allunga inevitabilmente sempre di più.
Il lato positivo è che dall'ultimo appuntamento alcuni dei libri inseriti sono magicamente spariti dall'elenco, per comparire (insieme a tanti altri che ancora non sapevamo di desiderare) nella nostra libreria *-*
Ma veniamo ai titoli...

 "Caraval" di Stephanie Garber
♥ "La donna del bosco" di Hannah Kent
 "Il castello blu" di Lucy Maud Montgomery
♥ "Il nido" di Kenneth Oppel
 "Mia nonna saluta e chiede scusa" di Fredrik Backman
♥ "Kafka e la bambola viaggiatrice" di Jordi Sierra i Fabra
 "Lettere a Theo" di Vincent Van Gogh
♥ "L'orso Paddington" di Michael Bond
"Lezioni di volo per principianti" di Beth Hoffman 
♥ "La donna nell’ombra" di Ruth Dugdall
"Peter Nimble e i suoi fantastici occhi" di Jonathan Auxier
♥ "Lettere a una sconosciuta" di Antoine de Saint-Exupéry
"L'incredibile storia di Soia e Tofu" di Pallavi Aiyar
♥ "La meccanica del cuore - il libro del film" di  Mathias Malzieu

Abbiamo invece spuntato dalla wishlist...

♥ "Il bacio più breve della storia" di Mathias Malzieu 
"Lo straordinario viaggio di Edward Tulane" di Kate DiCamillo 
♥ "Sophie sui tetti di Parigi" di Katherine Rundell 
"La casa dei fantasmi" di John Boyne 
♥ "Marian" di Eva Polansky 
"Il segreto degli angeli" di Camilla Läckberg 

Alcuni dei libri non più in WL, come avrete notato, sono stati da noi non solo acquistati, ma anche letti e recensiti... altri invece aspettano ancora il loro turno. 
Ma ora tocca a voi! 
Vi incuriosisce qualche libro della nostra lista dei desideri? E nella vostra cosa c'è?
Ditecelo nei commenti ^-^

mercoledì 15 novembre 2017

Recensione: "L'inganno" di Thomas Cullinan

Titolo: L'inganno
Titolo originale: The Beguiled
Autore: Thomas Cullinan
Editore: DeA Planeta
Data di pubblicazione: 5 settembre 2017
Pagine: 512
Prezzo: 17,00 € 

Trama:
Cinque allieve appena, le uniche rimaste e un nome che “ci metti di più a pronunciarlo che a fare l’appello”: il Collegio per signorine di Miss Martha Farnsworth. 
Nella Virginia insanguinata dalla Guerra civile, tra l’eco dei cannoni e la paura che come un’ombra si addensa contro i muri del giardino, la vita della scuola diretta dall’austera Miss Martha scorre lenta e sempre uguale. 
Lezioni di cucito, musica e francese. Le incombenze domestiche, i pasti, le preghiere. 
È in questo mondo angusto e tutto al femminile che irrompe il caporale John McBurney, disertore dell’esercito nordista gravemente ferito. Nella fuga dall’inferno dei campi di battaglia, McBurney ha perso il fucile e forse l’orgoglio, ma non l’astuzia che è da sempre la sua arma più affilata. 
Assediate dalla guerra e dalla noia, soffocate dal morso dei corsetti e dei loro stessi desideri, le donne della scuola accolgono il soldato nemico e se ne prendono cura. 
Un po’ alla volta, inevitabilmente, intrecciano con lui una danza sottile fatta di sfida, di potere e seduzione. Diffidenti, audaci, tenere, gelose, spaventate e possessive, le ragazze di Miss Farnsworth svelano una dopo l’altra la propria vera natura. 
E intanto, come falene attratte dalla fiamma, soccombono al fascino di un gioco dall’esito imprevedibile e fatale. 

Recensione:
1864, Virginia. Sono gli anni della guerra di secessione in cui nordisti e sudisti si contendono la lotta al potere. 
È proprio durante questo violento scontro tra gli Stati Confederati e quelli dell'Unione che Thomas Cullinan ambienta il suo inquietante romanzo a otto voci, tutte femminili.
Il collegio femminile delle sorelle Farnsworth, popolato fino a poco prima della guerra da un grande numero di ragazze di buona famiglia, pronte ad essere istruite, è ora abitato da sole cinque allieve, di età compresa tra i dieci e i diciassette anni: la schietta, sarcastica e cattolica Marie Deveraux, l'amante della natura Amelia Debney, la smaliziata di origini assai modeste Alicia Simms, la patriottica e irreprensibile Emily Stevenson, e la schiva e scontrosa Edwina Morrow.
Loro, per motivi disparati, dati dalle condizioni precarie in cui versano le loro famiglie (chi ha casa in territori di guerra, chi ha i familiari nell'esercito) sono le uniche ad essere rimaste. 
Cinque ragazzine, due istruttrici e la serva di colore Mattie, sono queste le sole presenze che da anni vivono nel collegio.
Isolate dal fitto bosco che le circonda, a circa un'ora di viaggio dalla cittadina più vicina, e ora assediate dal fuoco nemico, le donne vivono a tutti gli effetti una vita appartata. Estranee al resto del mondo, con pochissimi contatti umani se non quelli strettamente necessari.
È il 5 maggio 1864 quando la tredicenne Amelia - la prima voce di questo romanzo corale - in un giorno come un altro, durante la sua solita e furtiva passeggiata nei boschi alla ricerca di funghi, trova e soccorre uno yankee ferito.
Il soldato risponde al nome del corporale John McBurney, un irlandese appartenente all'esercito nemico, e mai il destino, in quelle circostanze, avrebbe potuto essere più clemente con lui, mettendogli sulla strada proprio Amelia Dabney, colei che, fra tutte le ospiti dell'istituto, è nota per la sua anima da crocerossina, e il cui hobby preferito è, da sempre, quello di prendersi cura di qualsiasi bestiolina ferita si trovi sul suo cammino.
Ed è proprio così che Amelia vede e vedrà sempre il caporale, come un animaletto da salvare e proteggere dai pericoli futuri.
Amelia ci racconta per prima la sua versione dei fatti, il ritrovamento e la scelta di introdurre "il nemico" all'interno della scuola, all'interno del loro mondo, sino ad allora poco avvezzo alle novità.
"Il nemico" viene soccorso e curato, e man mano, da un'iniziale diffidenza, l'uomo con un misto di galanteria, furbizia e piaggeria riesce a conquistare la fiducia delle otto donne.
Ha inizio una staffetta di voci e punti di vista. Ogni protagonista ci mette al corrente di una parte della storia, come se la stesse confidando a qualcuno, quasi per pulirsi la coscienza, giustificarsi o defilarsi da ogni responsabilità.
Non conosceremo mai la realtà oggettiva delle cose. Esiste poi una verità assoluta che metta tutti d'accordo? Probabilmente no. In ogni storia esistono più versioni, in base agli umori, ai sentimenti, e ai propositi di chi la racconta.
Così, pagina dopo pagina, assistiamo ad una danza di provocazioni, seduzioni, menzogne, bugie e intrighi, in cui le allieve, animate dalla vanità, e anche per sfuggire alla noia a cui la vita le ha costrette, cercheranno di ammaliare il soldato restando a loro volta ammaliate.
Spogliate da freni inibitori, e sentendosi straordinariamente comprese, sveleranno al nemico le proprie fragilità e i punti deboli, offendo un'arma che presto si rivolterà loro contro.
Ma una preda, in alcuni casi, può anche trasformarsi in predatore e persino gli animi più insospettabili, se provocati, possono rivelarsi oscuri. 
È proprio questo il messaggio che Thomas Cullinan lascia attraverso le sue pagine, in un romanzo che non vuole assolutamente terrorizzare, o incutere timore, ma indagare le debolezze, le passioni e le incoerenze dell'animo umano.
Mette in luce le ombre, evidenzia gli errori, e sottolinea, con sottile ironia, tutte le contraddizioni insite nell'uomo, quelle che creano una profonda distinzione tra ciò che ciascuno di noi è (o crede di essere) nei propositi, e ciò che è nei fatti. 
Ci fa notare quanto l'agnello ci metta poco a trasformarsi in lupo, e viceversa. Del resto, tutti sono innocenti fino a che non diventano colpevoli.

All’epoca non avevo idea di quanto male avessimo dentro, tutte noi. 
È strano come non ti fermi mai a pensare al male che, giorno dopo giorno, si accumula nel tuo cuore. A come i cattivi pensieri si ammucchiano l’uno sull’altro, finché ti ritrovi con il petto che scoppia di malvagità. E a quel punto basta una parola di troppo per accendere la miccia… una sciocchezza, qualcosa che in qualunque altro momento avresti liquidato con un’alzata di spalle. Allora perdiamo la testa. Facciamo cose che, Dio mi è testimone, mai e poi mai saremmo state capaci di fare.

Considerazioni:
Un giorno come un altro alla TV stavano dando lo spazio dedicato ai film "prossimamente al cinema" e la mia attenzione è caduta sul trailer de "L'inganno" di Sofia Coppola. 
A dire il vero la prima cosa che ho notato è stata Nicole Kidman, la mia attrice preferita in assoluto, mi sono perciò soffermata per cercare di capire di che genere di film si trattasse, e se potesse interessarmi. Ho visto molti volti noti dall'adorabile Elle Fanning a Kirsten Dunst, e vari frammenti di scene caratterizzate da un senso di inquietudine che culminavano con un Colin Farrell che urlava un disperato "Che cosa mi avete fatto?"
Ovviamente mi aveva molto incuriosita, e la prima cosa che ho detto è stata "dev'essere bello, voglio vederlo!"
Poi, informandomi, ho appreso che il film era stato tratto dall'omonimo romanzo di Thomas Cullinan.
Allora il desiderio di vedere il film è stato immediatamente rimpiazzato da quello di leggere il libro.
Della storia continuavo a sapere poco o nulla (fatta eccezione di ciò che avevo intuito dal trailer) e, come sempre, non volevo sapere molto di più per non rovinarmi la bellezza della scoperta, ma le scene misteriose del trailer e quella frase colma di angoscia, urlata in modo disperato "Che cosa mi avete fatto?", continuavano ad incrementare la mia curiosità, promettendomi un libro ricco di pathos, inquietudine e follia.
Poi, la frase con cui Stephen King - il re dell'horror - presenta il romanzo di Cullinan non ha fatto che incrementare le mie speranze e confermare quelle promesse. 

“Un racconto gotico dal fascino oscuro e febbrile. Resterete ammaliati dalle spaventose vicende che prendono forma in questa scuola per signorine dimenticata dal mondo”. 

"Fascino oscuro", "spaventose vicende"... sì, quella, ne ero certa, sarebbe stata sicuramente una lettura indimenticabile! Ricca di suspense e orrore.
Ora, sia chiaro, non mi aspettavo una lettura horror o splatter (nemmeno la desideravo), ma credevo che il racconto, iniziato con un vago sentore di sospetto e sfiducia nei confronti dell'ospite straniero, si evolvesse sempre di più fino ad arrivare ad un culmine, ad un apice emotivo.
Un intenso horror psicologico, questo era ciò che mi aspettavo.
Un nemico furbo che giocasse con le debolezze e le fragilità delle signorine, per raggiungere uno specifico scopo. 
Mi aspettavo che il caporale McBurney giocasse d'astuzia conquistando la fiducia di tutte le signorine del collegio, ma mettendole in sordina le une contro le altre, rivelando segreti nascosti, raccontando bugie, alimentando sospetti, agendo con maggior convinzione e crudeltà.
E che solo alla fine, le donne, scoperto l'inganno e stanche delle angherie tessute alle loro spalle, si alleassero e vendicassero in modo ugualmente crudele e spietato.
Questo in parte accade, ma in modo non abbastanza convincente e, per quanto mi riguarda, per nulla soddisfacente.
Il caporale McBurney si dimostra tanto astuto e determinato in alcuni frangenti quanto sciocco e smidollato in altri.
Per buona parte della lettura l'ho odiato e ammirato al tempo stesso. 
Odiavo la sua natura bieca e il modo in cui si divertiva a prendersi gioco delle ragazze del collegio, ma ammiravo la sua intelligenza arguta e l'innata furbizia. 
Il modo in cui da poche battute scambiate con alcune di loro e da frammenti di conversazioni origliate di nascosto, come il più abile degli psicologi, riuscisse decifrare la personalità di ognuna e, di conseguenza, a trasformarsi diventando una persona diversa in base a chi si trovava di fronte. Diventare ciò di cui le signorine avevano bisogno.
Un amante della natura per Amalia Dabney; un appassionato lettore di Shakespeare per Miss Harriet, un amico premuroso per la scontrosa e solitaria Edwina Morrow; un appassionato difensore dei diritti dei neri per la serva Mattie, e così via...
Aveva saputo carpire la personalità e i timori di ognuna e con grande abilità era riuscito a servirsi di alcune di quelle informazioni per il proprio tornaconto.
Mi aspettavo che tanta meschinità avesse uno scopo preciso, un piano ben prefissato, e invece no.
La grande astuzia che avevo ammirato in lui, quella che mi faceva temere il suo personaggio - era essa a rendere la lettura ansiogena, il motore che mi spingeva a proseguire con il fiato sospeso, con il pensiero fisso a ciò che avrebbe mai potuto combinare, a cosa sarebbe arrivato a concepire, a che punto si sarebbe potuto spingere, tanto da costringere le sorelle Farnsworth e le sue allieve a fare qualcosa di irrimediabile - è andata via via scemando, rivelando una personalità sciocca e debole. Un uomo che agisce senza pensare, che mette zizzania, ma poi chiede scusa, che fa di tutto per essere cacciato e poi ancora tutto per rimanere. Non un uomo malvagio, ma un uomo perso, disperato e stupido. Un uomo il cui comportamento non mi faceva più paura.
Non lo trovavo più astuto, ma semplicemente patetico. E una cosa patetica non incute paura.
Per quanto riguarda le figure femminili che abitano le pagine di questo romanzo le ho trovate tutte interessanti poiché eterogenee. Le loro personalità sono diverse e variegate ed è stato affascinante scoprirle e assistere ai loro incontri e scontri, alle gelosie e alle scaramucce, e vederle alla continua ricerca di quello che tutte, in fondo, andavano cercando: attenzioni.
È stato comprensibile vederle interessate tutte all'unico uomo, estraneo, trovatosi catapultato all'improvviso nella loro monotona quotidianità. Vederle attratte dallo straniero come le falene sono attratte dalla luce delle lanterne, e scottarsi con quella luce con la stessa ingenua stupidità e, nonostante questo, incaponirsi ad avvicinarla. Ad un certo punto, però, leggerle combattersi briciole di attenzioni, anche quando queste erano evidentemente fasulle, mi è parso troppo anche per loro. 
Soprattutto per alcune di loro. 
È il caso di Amelia Dabney che essendo stata colei che ha trovato, soccorso, e portato in casa il caporale McBurney se ne sente responsabile. Il ragazzo diventa per lei come quegli uccellini caduti dal nido che è solita salvare. Niente di diverso da uno dei suoi animaletti feriti di cui può prendersi cura. Ed è proprio questo proposito che l'acceca portandola a non vedere mai i fatti con lucidità. È stata, fra le ragazze, quella che ho meno sopportato.
Il ruolo opposto, ovvero quello del mio personaggio preferito, se lo aggiudica invece la più piccola, Marie Deveraux. Simpatica, sardonica, irriverente e provocatoria. La più furba, quella meno suscettibile alle false lusinghe. In poche parole la più sveglia e quella che mi ha regalato più di un sorriso. L'ho adorata e, per certi versi mi ha ricordato la mia altrettanto amata Mary Katherine, protagonista del romanzo "Abbiamo sempre vissuto nel castello" di Shirley Jackson.
Altre personalità complesse sono senza dubbio le sorelle, Miss Martha e Miss Harriet Farnsworth. Mi sono parse una la controparte dell'altra. La forza contrapposta alla debolezza, la fermezza contrapposta alla suscettibilità. 
Sebbene molte volte mi sia parso estremamente ingiusto il trattamento che la maggiore riservava alla sorella minore, ho ancor meno apprezzato la lingua lunga e biforcuta della signorina Harriet.
Il suo raccontare fatti estremante personali e privati, i punti deboli, le fragilità e i peccati della sorella ad un perfetto sconosciuto (dal comportamento, per giunta, assai discutibile), me l'ha fatta scadere tantissimo. È stata imperdonabile.
Per quanto riguarda l'epilogo l'ho trovato al di sotto delle mie aspettative. 
Il libro nel complesso non mi è dispiaciuto, l'ho letto con curiosità sempre crescente, e con quello che si potrebbe definire "il fiato sospeso" ma, come ho già detto, mi aspettavo un exploit che invece non c'è stato. 
Anzi, quando il dramma avrebbe dovuto incendiarsi e trovare il suo apice, si spegne.
Il cattivo si pente - anche se non possiamo essere sicuri si tratti di un pentimento sincero o di una recita, come le tante a cui ci ha reso partecipi nel corso della lettura - le donne si fanno giustizia, ma senza convinzione, quasi sperando che il loro piano alla fine non vada in porto. E tutto si conclude così, con un senso di incompiutezza e di insoddisfazione per il lettore.
Cullinan sembra architettare un bel romanzo psicologico senza, però, avere il coraggio di chiuderlo con l'intensità che avrebbe meritato. Dico sembra perché sono convinta che in realtà questa era proprio la storia che Cullinan aveva intenzione di scrivere, solo che non era quella che io avrei voluto leggere!
Mi spiego meglio: penso di aver compreso il perché delle scelte dello scrittore, egli vuole farci capire che non tutto è bianco o nero, non tutto è per forza totalmente buono o totalmente cattivo, e che chiunque può trovarsi a fare qualcosa di malvagio e spietato anche se fino ad allora era convinto del contrario, e anche se la sua natura non è malvagia.
Il senso l'ho compreso, del resto è tutto racchiuso lì, nella citazione che ho riportato sopra. Purtroppo però (da lettrice che si era fatta ben altre aspettative) mi avrebbe soddisfatto di più una conclusione diversa... 
Quindi, alla fine delle fiera, Cullinan non ha sbagliato nulla, la colpa è tutta tua mio caro Stephen King XD

Ringrazio la DeA Planeta Libri per avevi fornito una copia di questo libro 

il mio voto per questo libro

mercoledì 8 novembre 2017

Recensione: "Tartarughe all'infinito" di John Green

Titolo: Tartarughe all'infinito
Titolo originale: Turtles all the way down
Autore: John Green
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 11 ottobre 2017
Pagine: 352
Prezzo: 17,50 € 

Trama:
Indagare sulla misteriosa scomparsa del miliardario Russell Pickett non rientrava certo tra i piani della sedicenne Aza, ma in gioco c’è una ricompensa di centomila dollari e Daisy,  miglior amica da sempre, è decisa a non farsela scappare. 
Punto di partenza delle indagini diventa il figlio di Pickett, Davis, che Aza un tempo conosceva ma che, pur abitando a una manciata di chilometri, è incastrato in una vita lontana anni luce dalla sua. E incastrata, in fondo, si sente anche Aza, che cerca con tutte le forze di essere una buona figlia, una buona amica, una buona studentessa e di venire a patti con le spire ogni giorno più strette dei suoi pensieri. 

Recensione:
Aza Holmes è una ragazza di sedici anni, ma il suo mondo è molto diverso da quello delle sue coetanee, o meglio ad essere molto diversi sono i suoi pensieri.
Se una comune ragazza della sua età ha la testa presa dai compiti, amici, ragazzi, vestiti, quella di Aza lavora incessantemente in un costante turbinio di domande e paure. 
Aza soffre di disturbi ossessivo compulsivi che limitano, da che ne ha memoria, la sua vita e il suo stesso essere. Ad esempio, mentre compie azioni quotidiane, come può essere consumare un pasto in mensa con i suoi compagni di classe, la sua mente viaggia, perdendosi in spirali di pensiero e partorendo terrori esagerati e infondati.
Così, mentre mastica il suo panino, la testa corre ai batteri che, nel frattempo, stanno attaccando il cibo che si deposita nel suo stomaco, e ai milioni di microbi che fanno parte del suo stesso organismo, e quindi del suo corpo e di se stessa. 
E se il suo stesso essere è costituito in grande parte da batteri e in altrettanta parte da pensieri intrusivi che la aggrediscono e tengono prigioniera, come può lei definirsi una singola persona, vera e senziente? 
Sono questi i tormenti che divorano la sua esistenza, e per far fronte al principale grande quesito che la dilania: "sono vera? Esisto davvero?" Aza si infligge da anni una piccola ferita al dito indice, sempre lo stesso, sempre nello stesso punto.
Come la mamma le diceva da bambina "per sapere se sei sveglia o se stai sognando datti un pizzicotto, se fa male significa che non stai dormendo", così Aza per sapere di essere vera si imprime l'unghia del pollice nel polpastrello dell'indice, fino a procurarsi una ferita, che in realtà non risolve mai il suo dubbio. Ma ne apre mille altri.
"La ferita avrà fatto infezione?" Meglio riaprirla, fare uscire il pus, disinfettarla e poi metterci un cerotto. "Ma sei sicura di averla disinfettata? Sei sicura di aver davvero cambiato il cerotto? Forse è meglio ricontrollare. Forse è meglio riaprire la ferita, ed essere certa di aver fatto uscire tutto il pus..."
Aza è a tutti gli effetti prigioniera della sua patologia. Prigioniera dei suoi pensieri. Incapace di dire basta, incapace di reagire.
Lo scenario della sua vita, che procede tra alti e bassi, continui miglioramenti e peggioramenti, viene destabilizzato quando Daisy, la sua amica di sempre, irrompe nel solito flusso dei suoi pensieri dandole una notizia inaspettata: il vicino di casa - indubbiamente l'uomo più influente della città - il miliardario Russell Pickett, è improvvisamente scomparso.
L'uomo, indagato per vari reati, è ricercato dalla polizia e per chiunque dovesse contribuire al suo ritrovamento c'è una bella ricompensa! 
Daisy non vuole assolutamente farsi scappare l'occasione di diventare ricca, mentre per Aza l'indagine rappresenta sia l'occasione per distrarsi, ma anche quella per riallacciare i rapporti con Davis Pickett, figlio del ricercato e suo grande amico d'infanzia.
È da queste premesse che ha inizio il nuovo romanzo di Green, dove assistiamo ad un'indagine che, più che sul caso dell'uomo scomparso, vuole concentrarsi sulla mente e sui pensieri di chi, come Aza, soffre di disturbi mentali limitanti, disturbi così considerevoli da condizionare qualsiasi azione della vita quotidiana.
Aza è consapevole di avere una malattia, e sa anche perfettamente quanto infondati siano i suoi attacchi e le sue paranoie, eppure non sa come disfarsene o sconfiggerle. È questa la cosa più disarmante della patologia di cui soffre, un ciclo di tortura auto-inflitta e senza fine. È lei stessa il suo nemico, prigioniera del suo stesso corpo e della sua malattia. 
Green affronta il tema con grande realismo, non mirando a creare (come aveva invece fatto in "Colpa delle stelle") la storia romantica a tutti i costi. La sua protagonista si innamora, sì, ma la malattia le impedisce di vivere liberamente quell'amore.
Ho apprezzato questo, ho apprezzato il non voler a tutti i costi creare una storia che piacesse al pubblico, ma semplicemente una storia veritiera. 
Proprio per questo il libro può apparire anche monotono, ripetitivo, incompiuto, poiché la protagonista non arriva mai ad una vera svolta, non supera i suoi problemi, non guarisce, non schiaccia mai, una volta per tutte, la sé che la domina.
Certe volte vince Aza, certe volte perde. Il ciclo si ripete, non vi è mai una vera fine.
Ma quello che può sembrare il punto debole è invece il punto di forza del romanzo, poiché in una storia fatta di fantasia e finzione Aza è vera, e rappresenta la verità della sua malattia. Con essa cresce e convive. Per qualche tempo la lascia libera, per qualche tempo la stringe più forte a sé, in un continuo ciclo che si ripete, così come ci si aspetterebbe dalla vita. 

Considerazioni:
Questo è il secondo romanzo di John Green che leggo (se non considero "Let it Snow").
Come forse sapete rientro tra i pochi (ma buoni) lettori che non ha affatto apprezzato "Colpa delle stelle". 
I motivi sono vari e se vi interessa approfondire potete leggere la mia recensione, ma in poche parole il tutto si può riassumere dicendo che ho visto in quelle pagine poco rispetto per la malattia che raccontava, e per chiunque l'abbia davvero vissuta. 
Green in quel caso aveva, a mio parere, strumentalizzato il dramma dei malati di cancro per mettere in scena la sua storia d'amore strappalacrime totalmente inverosimile, e io avevo trovato il tutto di cattivo gusto e raccapricciante.
Non dico quindi che parto prevenuta a prescindere quando sento il nome "John Green", ma sicuramente l'autore, da allora, non mi ispira particolare simpatia.
Tuttavia alcune cose in "Colpa delle stelle" ero comunque riuscita ad apprezzarle, come la presenza, nei dialoghi e nei pensieri dei protagonisti, di una certa cultura generale e di tematiche interessati e insolite. 
Ero dunque curiosa di vedere come, questa volta, avrebbe affrontato il suo nuovo romanzo che ha nuovamente come protagonista una patologia.
Be', come avrete già capito dalla mia recensione, ho trovato il racconto della malattia molto più realistico, sebbene inserito in un contesto di fantasia.
Se in "Colpa delle stelle" i comportamenti dei due protagonisti mi erano parsi così assurdi e romanzati da farmi affermare che pareva che Green non avesse, in vita sua, mai conosciuto qualcuno malato di cancro, questa volta non posso dire lo stesso. 
Qui, non solo la descrizione del disturbo, ma anche il modo in cui leggere i soliloqui di Aza fa sentire il lettore, appare vero, sconvolgente e toccante. Ho percepito l'angoscia della protagonista e il suo sentirsi senza via d'uscita. 
Solo a fine lettura ho compreso il perché di questa differenza. Green ha sofferto egli stesso, di disturbi ossessivi compulsivi, li ha vissuti sulla sua pelle, sa perfettamente cosa significhi essere nella testa di Aza, perché lui era Aza. 
Ha descritto qualcosa che conosceva perfettamente, e questa volta non l'ha abbellito, romanzato o infiocchettato. Ha raccontato la realtà di un malato semplicemente per quella che è. (E facendo questa riflessione non posso evitare di pensare che avrebbe dovuto avere lo stesso rispetto anche per i malati di cancro. Ma vabe'.)
La storia in se per sé non è eccezionale, però ha il pregio di raccontare e far conoscere con realismo un disturbo. Aiuta a mettersi nei panni di chi soffre di malattie invisibili ad occhio nudo, ma che possono essere anche più distruttive delle altre poiché minimizzate e ostracizzate da chi non le vive e comprende. Malattie che, purtroppo, oltre alla sofferenza interiore portano all'isolamento.
A parte questo non ci sono colpi di scena, non ci sono grandi cambiamenti, non ci sono svolte. 
Il libro comunque resta interessante. Nei dialoghi tra i personaggi vengono quasi sempre affrontati temi di spessore, i protagonisti seppur adolescenti parlano di tematiche stimolanti (spazio, vita, arte, condizioni economiche, filosofia) e seppur questo non può essere considerato particolarmente realistico data l'età dei protagonisti, preferisco di gran lunga un libro che ha da insegnare qualcosa rispetto a quelli infarciti di dialoghi sciocchi e superficiali.
In generale ne consiglio la lettura. Probabilmente se siete fan di "Colpa delle stelle", delle storie in cui sono narrati improbabili e romantici viaggi ad Amsterdam, cene costose offerte nientepopodimeno che dal vostro scrittore preferito, primi baci sottolineati da festanti cori di applausi, e via dicendo... questo libro non incontrerà il vostro gusto, ma io mi auguro, e vi auguro, non siate così.

Ringrazio la casa editrice Rizzoli per avermi fornito una copia di questo libro 

il mio voto per questo libro